Storia della CISL
Un lavoratore, da solo, difficilmente riesce ad ottenere miglioramenti salariali e normativi. Per questo, fin dall’Ottocento, i lavoratori hanno cominciato ad unirsi, organizzandosi in sindacati, per cercare di migliorare le proprie condizioni lavorative e, più in generale, le proprie condizioni di vita.
Parlare della storia della Cisl è raccontare una parte importante della storia del sindacato in Italia, quel sindacato sorto nell’Italia repubblicana, libera e democratica, nata all indomani del secondo conflitto mondiale.
La Cisl nasce in un momento in cui l Italia, e con essa il mondo del lavoro, era divisa ideologicamente e politicamente. Da una parte la democrazia occidentale, dall’altra il comunismo. Allora si fece una scelta in nome del progresso, della democrazia e della libertà della persona. Il crollo del sistema comunista ha dato ragione alla Cisl, ma soprattutto ha confermato la validità delle sue idee ispirate dal cattolicesimo democratico e dal riformismo laico. Ancora oggi l identità della Cisl si impernia sull’autonomia del sindacato, sempre difesa, rispetto ai partiti politici e alle istituzioni. I valori tramandati dai padri fondatori
della Cisl, di Giulio Pastore e Mario Romani, sono ancora oggi valori della cultura democratica e della civiltà del Paese.
IL SINDACATO DEMOCRATICO E I VALORI.
La Confederazione italiana sindacati lavoratori si richiama e si ispira, nella sua azione, ad una concezione che, mentre vede la personalità umana naturalmente svolgersi attraverso l appartenenza ad una serie organica di comunità sociali, afferma che al rispetto delle esigenze della persona debbano ordinarsi società e Stato.
sul piano interno, mediante:
Le posizioni che essa prende dinanzi ai problemi dell’organizzazione economica e sociale mirano a realizzare la solidarietà e la giustizia sociale, mediante le quali si consegue il trionfo di un ideale di pace. Essa ritiene che le condizioni dell’economia debbano permettere lo sviluppo della personalità umana attraverso la giusta soddisfazione dei suoi bisogni materiali, intellettuali e morali, nell’ordine individuale, familiare e sociale.
Essa constata che le condizioni attuali del sistema economico non permettono la realizzazione di questo fine e pertanto ritiene
necessaria la loro trasformazione, in modo da assicurare un migliore impiego delle forze produttrici e una ripartizione più equa dei frutti della produzione tra i diversi elementi che vi concorrono:
a. la partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’unità produttiva e la loro immissione nella proprietà dei mezzi di produzione;
b. la partecipazione dei lavoratori alla programmazione ed al controllo dell’attività economica;
c. l’attuazione di radicali riforme atte all utilizzazione, nell’interesse della collettività, di tutte le risorse del Paese;
sul piano internazionale, mediante:
a. la solidarietà internazionale dei sindacati lavoratori liberi e democratici;
b. l’unificazione economica dei mercati come premessa della unificazione politica degli Stati.
Essa intende promuovere queste trasformazioni con il libero esercizio dell’azione sindacale, nell’ambito del sistema democratico; afferma che le organizzazioni sindacali devono separare le loro responsabilità da quelle dei raggruppamenti politici, dai quali si distinguono per natura, finalità e metodo di azione; intende rivendicare costantemente la piena indipendenza da qualsiasi influenza esterna e l assoluta autonomia di fronte allo Stato, ai governi e ai partiti.
Essa afferma che l accoglimento del sindacato democratico e della sua azione nel seno della società civile organizzata determina una crescente e inderogabile esigenza strutturale della stessa e costituisce una garanzia e una difesa dell’ordine democratico.
Pertanto, mentre si ispira al principio della supremazia del lavoro sul capitale e si impegna a perseguire il miglioramento delle condizioni economiche del lavoratore e della sua famiglia e la loro elevazione morale, culturale e sociale, dall’entrata nel mondo del lavoro alla quiescenza, quale che sia la sua posizione contrattuale o pensionistica e a promuovere una politica di pari opportunità tra uomini e donne nel lavoro e nella società, ritiene che il movimento sindacale e la sua possibilità di azione si basino su una sola necessaria condizione: l adesione libera e spontanea dei lavoratori all organizzazione sindacale e la moltiplicazione della forza organizzativa di questa.
Decisa ad utilizzare al massimo le risorse formative proprie del movimento sindacale, essa intende, d altra parte, fare appello al concorso delle forze intellettuali e morali capaci di servire alla preparazione dei lavoratori, in funzione delle responsabilità che loro incombono in un organizzazione democratica della vita professionale ed economica, e della loro completa emancipazione.
La Cisl non dispone di un catechismo né di un manuale. La sua idea su se stessa, del resto, non è stata sempre identica e pacificamente condivisa. È utile perciò richiamare il nucleo fondamentale, l idea essenziale che la Cisl ha proposto fin dalla sua nascita: il sindacato ricava la propria effettiva legittimità storica soltanto dallo stretto legame con i lavoratori, unendoli in un assetto associativo, volontaristicamente accolto e autonomo, ossia, prima di tutto, libero da qualsiasi controllo esterno, politico e organizzativo. È il sindacato dell’autonomia, dell’associazione, della contrattazione.
Autonomia: cioè indipendenza e progetto proprio. Si tratta della capacità di determinare i propri obiettivi, le vie e i mezzi per raggiungerli in piena indipendenza da qualsiasi condizionamento e da qualsiasi centro di potere privato o pubblico. Autonomia, quindi, dal padronato, dai partiti politici, dal Governo, dallo Stato.
Associazione: il sindacato è un organizzazione che nasce per libera volontà dei lavoratori, è composto da questi lavoratori, può rappresentare di fatto anche gli altri, ma questi non hanno diritto a determinare la vita e gli orientamenti del sindacato. Questo vuol dire che la Cisl non è né istituzione statale, né indistinto movimento; che il sindacato non sta fuori dai luoghi di lavoro ma dentro; che la democrazia sindacale ha dei referenti, delle regole, è delegata, si basa sul mandato dai rappresentanti ai rappresentati. Contrattazione: a essa il sindacato affida il compito fondamentale e primario di migliorare, in continuità, le condizioni economiche e professionali dei lavoratori. Quello contrattuale è il metodo che la Cisl ritiene nettamente superiore agli altri, alla tutela legislativa o al mutamento di prospettive politiche generali, perché impegna direttamente i lavoratori e le loro organizzazioni, perché dà concretezza e dinamismo al conflitto di interessi e lo conduce nell’alveo dei processi democratici.
La presenza sia di organizzazioni che tutelano gli interessi dei lavoratori sia di organizzazioni padronali ha fatto sì che si sviluppasse un confronto, denominato contrattazione collettiva, con lo scopo di arrivare ad un accordo, il contratto di lavoro, in grado di definire regole e procedure da osservare in un rapporto di lavoro. Una volta firmato, l’accordo diventa impegnativo per le organizzazioni che l’hanno sottoscritto e per tutti i
loro aderenti, spesso assume anche valore erga omnes, cioè valido per tutti. Il contratto di lavoro è lo strumento che regola i rapporti tra lavoratori dipendenti e datori di lavoro.
La nascita della Cisl
Alla fine della Grande Guerra ( 14- 18), il sindacato in Italia è totalmente controllato dai partiti. Le adesioni
ai sindacati sono in continuo aumento, ma aumenta anche la diaspora sindacale. Con la nascita del fascismo e dei cosiddetti partiti di massa , favoriti dallo spirito nazionalista, alcuni gruppi massimalisti confluiscono in piccoli sindacati, che in parte coincidono nei nascenti sindacati fascisti. Al contempo, i cattolici fondano la Cil (Confederazione Italiana dei Lavoratori), di cui Achille Grandi proclama l autonomia. In questa fase prevale un sindacalismo rivoluzionario, che assume a riferimento la rivoluzione russa del 1917. All interno delle fabbriche prevale il controllo politico, atteggiamento tradotto con la frase dalla fabbrica allo Stato . Il suo fallimento, apre però la strada al fascismo.
Con l avvento del fascismo e, in particolare, con i Patti di Palazzo Chigi del 1923 e di Palazzo Vidoni del 1925, si sancisce l ammissibilità di una sola organizzazione sindacale, quella fascista. Teoricamente sono ammessi anche altri sindacati, che però non sono riconosciuti a livello contrattuale. In questa fase lo Stato regola tutta l azione dei sindacati. Il controllo dello Stato sul sindacalismo si confà da alcune politiche significative:
i sindacati vengono inseriti in un sistema corporativo regolato a norma di legge. Le corporazioni riuniscono i lavoratori e datori di lavoro, e confluiscono nella Camera Nazionale del Lavoro;
istituzione della Magistratura del Lavoro che gestisce i conflitti sindacali. Ciò fa sì che lo sciopero e la serrata siano proibiti;
la contrattazione è accentrata, sottratta alla gestione da parte dei lavoratori;
i conflitti sociali vengono soppressi con decisioni autoritarie e il ricorso alla Magistratura.
Con la caduta del fascismo, in un epoca di ricostruzione, si ricostituiscono i sindacati sotto il controllo dei partiti democratici (socialista, comunista e democristiano), i quali avevano guidato la resistenza al nazifascismo. In tal senso, grazie al Patto di Roma del 1944, si decide di costituire un sindacato unitario, la Cgil (Confederazione generale italiana dei lavoratori), che viene affidata ad esponenti politici come Di Vittorio, Buozzi e Grandi. Il controllo dei partiti è tuttavia deleterio per l autonomia sindacale: nascono in quest epoca le correnti di partito, le quali gettano le basi per una divisione interna al sindacato.
PCI (Partito Comunista Italiano) e PSI (Partito Socialista Italiano) escono dal Governo e spingono la Cgil a un atteggiamento ancora più conflittuale e politico. Tra il 1947 e il 1948 i punti di scontro all interno della Cgil diventano irreversibili. Essi vertono su tre grandi temi: collocazione internazionale, politica salariale e uso politico dello sciopero. L attentato a Palmiro Togliatti del 1948, leader del PCI, dà il via allo sciopero proclamato dalla componente socialcomunista.
La corrente cristiana constata che l esperienza unitaria, priva di autonomia, è finita. Il 17 ottobre 1948 nasce la LCgil (Libera Confederazione generale italiana dei lavoratori).
Nel giugno del 1949 anche le correnti socialdemocratica e repubblicana lasciano la Cgil, costituendo la Fil (Federazione italiana del lavoro). In questa fase LCgil, Fil e sindacati autonomi cominciano a riprendere i contatti per la riunificazione.
Nasce così, il 30 aprile 1950, la Cisl, grazie alla confluenza della Libera Cgil (LCgil), di parte della Fil e di alcuni sindacati autonomi del settore dei servizi pubblici e privati. Giulio Pastore (ex segretario generale della LCgil) è il primo segretario generale.
L’INIZIO: GLI ANNI 50.
Nei suoi primi anni di vita l’intento della Cisl è quello di costruire un’organizzazione realmente autonoma dal suo retroterra politico, anche dal punto di vista culturale. A questo scopo viene costituito nel 1951 il Centro studi di Firenze, che durante gli anni Cinquanta organizza corsi per la formazione dei nuovi dirigenti sul modello del sindacalismo americano degli anni Trenta e Quaranta. Le immagini sottostanti mostrano il Patto di unificazione delle forze sindacali democratiche sancito dal Centro studi.
Dal riferimento del sindacalismo americano, la Cisl fa discendere anche la concezione del sindacato come
associazione, un sindacato cioè che basa la sua forza e la sua ragion d’essere sull’adesione volontaria dei lavoratori, i quali ne determinano scelte e orientamenti. Per questo la Cisl ha sempre manifestato la sua opposizione a qualsiasi tentativo di regolamentare per legge l’attività sindacale, come previsto dagli articoli 39 e 40 della Costituzione.
Dal 1950 al 1965 il progetto operativo della Cisl assume una precisa configurazione. In realtà, essere sindacato nell’Italia dello sviluppo industriale e dell’urbanizzazione è estremamente complesso, perché è molto lontano dai luoghi di lavoro e subisce la repressione del padronato. In questa situazione si fa strada la proposta innovativa della Cisl, che si concretizza con i Consigli generali tenutisi a Roma (1950), Bari (1951) e Ladispoli (1953). In questi anni inoltre si svolgono i primi tre Congressi confederali della Cisl, rispettivamente a Napoli (11-14 Novembre 1951), Roma (23-27 aprile 1955) e di nuovo a
Roma (19-22 marzo 1959). Per un approfondimento è possibile consultare il documento Congressi confederali Cisl .
In Italia vige, in quegli anni, il modello arretrato dei salari bassi. Il sindacato cerca di salvaguardare il valore nominale del salario dei lavoratori attraverso strumenti automatici, come la scala mobile, e strumenti di garanzia. Da parte sua la Cisl propone alti salari reali legati alla produttività: questa proposta guarda alla produttività media dei diversi rami di attività, mentre a livello integrativo guarda al livello di produttività
aziendale. Per la Cisl questo rappresenta la contrattazione collettiva
a due livelli tra loro integrati, ed ha l obiettivo della negoziazione, tra le parti sociali, di tutti gli aspetti del rapporto di lavoro, prevedendo anche strumenti di conciliazione e arbitrato per eventuali controversie. Inoltre, questo tipo di contrattazione prevede la nascita di organismi comuni che consentono la partecipazione attiva da parte dei lavoratori. In tal modo, gli stessi lavoratori hanno modo di determinare l organizzazione del lavoro. Nel 1954 vengono proposte le Sezioni aziendali sindacali (Sas), cioè nuclei della Cisl nei luoghi di lavoro con lo scopo di guidare la contrattazione aziendale. L’autonomia delle categorie è proclamata fin dall’inizio, ma rimane senza attuazione fino alla realizzazione concreta della contrattazione aziendale, cioè fino a quando il sindacato non è abbastanza forte da farsi riconoscere come controparte dai padroni.
La proposta presentata dalla Cisl si completa con un progetto di riforma del sistema di sicurezza sociale, esposto nel 1958 al fine di assicurare uno standard di protezione generale e introdurre sistemi integrativi capaci di innovare l ormai inadeguato sistema di protezione obbligatoria. Su questa proposta interviene il veto incrociato di Cgil e patronato, mentre il Governo si mantiene neutrale. Nel 1958, inoltre, Bruno Storti viene nominato nuovo Segretario Generale della Cisl, sostituendo Giulio Pastore.
LA POLITICA CONTRATTUALE: GLI ANNI 60.
In questi anni le tre organizzazioni sindacali hanno tutte una propria rappresentanza parlamentare. L’incompatibilità tra cariche politiche e sindacali viene sancita in anni relativamente più recenti. In tale contesto, se da un lato si registrano momenti di lotta unitaria tra i sindacati, segnati dallo slogan “Marciare divisi, colpire uniti”, dall’altro si hanno forti divisioni in occasione soprattutto di manifestazioni indette dalla Cgil su questioni di carattere internazionale o politico. È questo il periodo degli accordi separati, come nel caso della grande vertenza in merito al conglobamento dell’indennità di carovita nella paga base, che si conclude con un accordo interconfederale firmato da Cisl e Uil, mentre la Cgil, che si era ritirata dalle trattative, accetta l’accordo solo in seguito.
Solo agli inizi degli anni Sessanta, tra le confederazioni sindacali, cominciano a verificarsi momenti di unità d’azione, in qualche categoria e in alcune località. Fatto ancor più importante è che iniziano ad attuarsi i primi rilevanti accordi aziendali (Italsider, Bassetti, Perugina, Franchi), mentre i parlamentari-sindacalisti della Cisl insistono per un ruolo più attivo e autonomo delle aziende a partecipazione statale che già dal 1956, grazie all’iniziativa della Cisl, si erano distaccate da Confindustria, dando vita all’Intersind (Organizzazione in rappresentanza delle aziende dei gruppi statali IRI ed EFIM) e consentendo così di creare un sistema articolato di contrattazione con il sindacato. In questi anni si svolgono le prime grandi lotte unitarie, in particolare quelle dei siderurgici, quelle degli elettromeccanici e le vertenze aziendali a Milano.
Il contratto dei metalmeccanici del 1963 è il punto di arrivo della mobilitazione di questo periodo. Il sindacato riesce a conquistare il diritto di contrattare in azienda i cottimi (cioè la retribuzione a rendimento), i premi di produzione e le qualifiche. Il clima politico favorisce quindi l’affermazione della contrattazione articolata: siamo negli anni del centrosinistra con la partecipazione del Partito socialista al governo del Paese. Ciò, tuttavia, non significa che in questo periodo si raggiunga il massimo delle libertà sindacali, anzi la resistenza padronale è molto forte, tanto che fare attività sindacale nei luoghi di lavoro può ancora costare il licenziamento. Ancora non esistono diritti sindacali e rimane difficile per il sindacato entrare in fabbrica, indire riunioni o assemblee.
Verso la metà degli anni Sessanta la crisi economica blocca lo sviluppo dell’economia italiana: i licenziamenti nelle fabbriche e un elevato tasso di disoccupazione rendono difficile applicare le conquiste del periodo precedente ed anche i contratti di lavoro firmati sono molto deludenti per i lavoratori. Nella Cisl si apre un intenso confronto interno poiché alcune federazioni di categorie dell’industria, alcune realtà provinciali e qualche settore del pubblico impiego chiedono con decisione l’incompatibilità tra cariche politiche e cariche sindacali. Durante questo periodo inizia l’impegno sindacale su nuovi terreni, non più immediatamente legati al luogo di lavoro: è la politica delle riforme, nata dalle delusioni del centrosinistra che non aveva soddisfatto le aspettative dei lavoratori. Questo nuovo impegno costituisce un fatto rilevante poiché segna i primi coinvolgimenti del Governo nell’attività contrattuale e l’impegno del sindacato su questioni che riguardano la società nel suo complesso. Nel 1969, il VI Congresso Cisl sancisce l’incompatibilità tra cariche politiche e cariche sindacali. Da questo momento la Cisl non avrà più una rappresentanza parlamentare, al contrario degli altri sindacati.
Sono anni, questi, in cui le lotte dei lavoratori, insieme con quelle studentesche e con le guerre di liberazione nel Terzo Mondo, mostrano assai spesso un volto nuovo e tendono a ridiscutere il modo di essere del sindacato. Si tratta del celebre autunno caldo , ossia la realtà di lotte sindacali operaie che si sviluppa a partire dall’autunno del 1969 in Italia. La grande mobilitazione sindacale, figlia del clima politico del Sessantotto, viene determinata dalla scadenza triennale dei contratti di lavoro, in particolar modo relativi alla categoria dei metalmeccanici. Le lotte hanno esito positivo per i lavoratori. Difatti esse non pagano solo sul piano dei contratti aziendali e di categoria, ma conducono all’abolizione delle gabbie salariali, a un primo accordo che prevede il collegamento tra pensioni e salario e a quell’importante riforma che è lo Statuto dei lavoratori (Legge n° 300, maggio 1970). Questo evento rappresenta da un lato una conquista delle lotte del sindacalismo degli anni precedenti, dall’altra la debolezza delle relazioni sindacali italiane. Tuttavia, la delusione per le tante proposte Cisl non approvate e il contemporaneo successo delle lotte sindacali unitarie, spingono molti a una nuova stagione di unità sindacale.
LA FEDERAZIONE UNITARIA: GLI ANNI 70.
Dal 1969 ha inizio una nuova fase di rilancio dell’unità sindacale. Per tre volte i consigli generali di Cisl, Cgil e Uil si riuniscono per fissare le date dei congressi di scioglimento delle organizzazioni (che alcune strutture realizzano) in vista del Congresso unitario. In particolare, sulla spinta delle lotte sindacali dei primi anni 70, a Firenze i Consigli generali di Cgil, Cisl e Uil avviano un processo di unità organica.
Nel luglio del 1972 si giunge alla fondazione della Federazione unitaria: si pensa configuri un momento transitorio e di compromesso, per arrivare in una seconda fase all’unità organica. Ma la Federazione unitaria, invece, diventerà la struttura stabile di un’unità sindacale incompleta, burocratizzata e lontana dai lavoratori il cui aspetto positivo sarà quello di garantire il movimento sindacale da pericoli di sgretolamento davanti agli attacchi portati dall’eversione fascista e, in seguito, dal terrorismo. Inoltre, la Federazione unitaria sin dalla sua nascita presenta due limiti di fondo:
prospettive diverse dei protagonisti all interno della Federazione, tra chi la considera come un ponte verso l unità definitiva e chi la considera un tetto massimo oltre il quale non si può andare;
permanenza, ossia rafforzamento delle correnti di partito tra Cgil e Uil.
Tra il 1971 e il 1977, all interno della Cisl si apre un ampio dibattito sui tempi e la praticabilità dell’unità sindacale, che non mutò però le concezioni di fondo di libero associazionismo, autonomia e partecipazione. Il 1973 è l’anno della crisi petrolifera e l’inizio di una profonda crisi economica per tutto il mondo industrializzato ma il sindacato, forte dei precedenti successi, riesce a raggiungere comunque risultati significativi.
Nel 1975 la Federazione unitaria sigla un Accordo interconfederale che prevede l attuazione di una serie di punti fondamentali:
unificazione del punto di contingenza per tutti i lavoratori (in precedenza erano previste scale mobili differenziate tra le varie categorie di lavoratori);
riforma della cassa integrazione guadagni (CIG).
il miglioramento del rapporto tra salario e pensioni;Nel febbraio del 1978 all Eur si riunisce un Assemblea dei Consigli generali e dei delegati di Cgil, Cisl e Uil. L incontro ha un titolo significativo: Per una svolta di politica economica e di sviluppo civile e democratico . La relazione è tenuta da Luigi Macario, che dal 1977 è il nuovo segretario generale della Cisl. Il clima politico è favorevole a questa svolta, sono infatti gli anni dei governi di “solidarietà nazionale” conseguenti all’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Un impegno che non verrà meno nonostante le minacce dirette del terrorismo di destra e di sinistra che vedevano nel movimento sindacale un nemico da distruggere. Il sindacato propone, in questo frangente, una nuova politica salariale per far uscire il Paese dalla crisi. Tuttavia, la Federazione unitaria mostra tutti i suoi limiti e cade sotto il peso delle polemiche.
Nella Cisl si fa strada allora una nuova proposta, che va dall’antagonismo alla partecipazione.
LA CADUTA DELLA FEDERAZIONE: GLI ANNI 80.
A partire dal 1980, l economia italiana è vicina al collasso e il sindacato italiano si spacca sulla scelta della strada da perseguire. In questa situazione delicata la Cisl ha come obiettivi prioritari la lotta all inflazione e la ripresa dello sviluppo del Paese. In questi anni si ha lo scontro tra Cgil e Cisl sulla scala mobile.
A settembre del 1980 inizia lo sciopero ad oltranza alla Fiat, in seguito all’annuncio dei licenziamenti. Dopo la celebre marcia anti-picchetti si evince la sconfitta del sindacato. La Cisl conclude che la linea dell’Eur non ha più alcuna incidenza.
Nel Congresso del 1981, dalla relazione del segretario generale Pierre Carniti emerge l esigenza di una dimensione più aperta e mondiale del sindacato. Dopo un primo faticoso accordo denominato Protocollo Scotti firmato il 22 gennaio 1983, il 14 febbraio 1984 viene siglato l accordo denominato Patto di San Valentino . Questo accordo porta a un taglio di 3 punti della scala mobile nella prospettiva di riportare quel meccanismo entro i limiti programmati di inflazione, con la predeterminazione degli scatti. L accordo risulta importante nel Paese per la ripresa economica.
In realtà viene a crearsi una situazione difficile: la Cgil manifesta la fedeltà al Pci, quindi si ritira per la firma dell accordo. La Cgil rimane così isolata e la Federazione unitaria inevitabilmente decade. Quando il decreto viene convertito in legge, il Governo indice un referendum abrogativo previsto per il 9 giugno 1985. Nonostante Cisl e Uil si oppongano al referendum, gli italiani approvano l accordo. Il risultato evidenzia come la linea della Cisl sia più vincente ed efficace per l ingresso dell Italia nei paesi a capitalismo maturo. Questa evoluzione si riscontra nei Congressi del 1985 e del 1989, che vedono il passaggio della segreteria generale da Pierre Carniti a Franco Marini.
Nella seconda metà degli anni 80, con la relazione dell XI Congresso (1989), la formazione di base dei lavoratori, la formazione professionale continua, l’integrazione dei vari livelli e sistemi formativi, la politica della ricerca diventano elementi primari della strategia sindacale della Cisl.
È nella formazione degli uomini che si vincono o si perdono le sfide dell’innovazione.
In questo quadro complessivo va considerata, quindi, l importanza strategica della formazione sindacale.
LA CONCERTAZIONE: GLI ANNI 90:
agli inizi degli anni Novanta in Italia (in particolare nel 1992), alimentata sia dalle vicende politiche internazionali, come la fine dell’esperienza del comunismo reale, sia dall’intreccio di scandali politici scoperti dalla magistratura (Tangentopoli), che mina ulteriormente il sistema dei partiti politici. La Cisl, in questa epoca storica, riesce a cogliere gli elementi positivi del cambiamento, proponendo un nuovo protagonismo sindacale e riscoprendo l attualità dei propri principi di unità.
È nel 1993 che prende piede la cosiddetta politica dei redditi. Si tratta di una politica che ha come concetto cardine quello della concertazione. Con questo termine ci si riferisce ad una pratica di governo ed un approccio alla gestione delle relazioni industriali, basata sul confronto e la partecipazione alle decisioni politiche ed alla contrattazione in forma triangolare: organizzazioni sindacali, organizzazioni dei datori di lavoro e autorità pubbliche (a livello nazionale il Governo).
La politica dei redditi si applica al mercato del lavoro, ai salari e alla contrattazione collettiva, oltre che alla organizzazione della previdenza sociale. Due eventi segnano l inizio del dialogo triangolare:
Particolarmente critica si presenta la situazione istituzionale del lavoro. La Cisl considera questo accordo un pieno successo del sindacato, mentre nel Paese alcune minoranze accolgono tale accordo con manifestazioni e violenze. La Cisl considera la Cgil come responsabile del difficile clima venutosi a creare tra le parti;
23 luglio 1993: le parti sociali e il Governo Ciampi firmano un Protocollo di nuove relazioni industriali . Si tratta di un vero e proprio Accordo quadro, il primo della storia industriale italiana. Si stipula un tipo di contrattazione decentrata, legata alla produttività. Questo legittima le Rsu (Rappresentanze sindacali unitarie) a un ruolo parzialmente contrattuale.
luglio 1992: il Governo Amato sottoscrive con le parti sociali un primo Protocollo d’intesa sul costo. Con questo protocollo mutano, per la Cisl, sia la filosofia che il metodo sindacale. Da questi cambiamenti emerge la necessità di una nuova prospettiva unitaria. Perciò, alla fine del 1993, Sergio D Antoni (nuovo segretario generale Cisl dal 1991) invita Cgil e Uil all unità e si dichiara pronto a formare un soggetto sindacale nuovo, autonomo e pluralista.
Tuttavia, nel 1996 trova nuovi ostacoli sulla strada dell’unità sindacale, nell’autonomia e nel pluralismo e parla di un sempre più necessario rafforzamento del proprio modello associativo, da realizzare anzitutto con una riforma organizzativa che lotti contro il centralismo.
Nel 1997, su incarico del ministro Treu, viene studiata la riforma della contrattazione. In questa occasione vengono confrontate la posizione innovatrice della Cisl e quella conservatrice della Cgil. Questa situazione porta a un nulla di fatto. Anche il segnale che viene dal nuovo Governo D Alema sul rapporto tra sindacati e forze sociali non è confortante. Nel dicembre 1998 viene stipulato un accordo generale, detto Patto di Natale . Su esplicita richiesta della Cgil sono escluse da questo accordo tutte le più importanti proposte innovative della Cisl, in particolare i mutamenti di contrattazione e relazioni industriali che mirano al decentramento e alla produttività. La diversità tra le due concezioni sindacali è sempre più evidente nei posti di lavoro e nel Paese.
LA CONTINUITA DEI VALORI: LA CISL DEL NUOVO MILLENNIO
la Cisl prosegue, con Savino Pezzotta (nuovo Segretario generale dal 2001), la via dell’autonomia sindacale e del dialogo in un panorama particolare, segnato da alcuni eventi che portano l Italia a un clima di instabilità:
in Italia vige la legge elettorale maggioritaria e il bipolarismo con conseguenti coalizioni rigide e distacco delle istituzioni;
il contesto economico è estremamente complesso, con produttività decrescente e l entrata in vigore dell Euro;
a livello globale, susseguentemente agli attentati terroristici e alle nuove guerre, cambia il quadro politico ed economico e il governo mondiale diventa instabile. In questo quadro, le questioni del lavoro tornano attuali e viene richiesto un intervento al sindacalismo.
Senza preclusioni con alcuno schieramento, la Cisl cerca di dialogare e contrattare con tutti gli interlocutori, cogliendo la positività del cambiamento come la potenzialità dell UE, la globalizzazione, le spinte alla partecipazione e al decentramento e rilanciando la dimensione autonoma del lavoro, valorizzando la propria cultura fondativa.
A rendere conferma a tale politica, negli anni seguenti la Cisl attua una serie di interventi di concerto con tutte le parti sociali e il Governo:
la Cisl si dichiara a favore del libro bianco sul mercato del lavoro e contrattazione, proposto dal Governo di centrodestra;
nel 2002, mentre respinge i contenuti ideologici della battaglia sull Articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, scatenata dalla Confindustria, accetta il dialogo sociale con il governo in merito alla politica economica e sociale;
nel luglio del 2002 firma con il Governo il Patto per l Italia contratto per il lavoro (Luglio 2002) che racchiude temi fondamentali della politica italiana: Mezzogiorno, fisco, mercato del lavoro, formazione continua, Enti bilaterali, politiche sociali, blocco dei prezzi;
Il 23 luglio 2003 viene stipulato un documento unitario tra sindacati e Confindustria che tratta temi centrali quali la politica dei redditi, la formazione continua, la finanza per le imprese, il riequilibrio territoriale e la politica delle tariffe.
Negli anni successivi, mentre il Governo mostra resistenze alla nuova auspicata stagione di dialogo sociale e progressivamente abbandona la politica della concertazione (nonostante il Patto per l Italia), si avvia l’assemblea organizzativa e programmatica della Cisl con temi la nuova frontiera della rappresentanza del lavoro e il nuovo patto associativo interno.
Nel 2004 emergono dalla Cisl nuove proposte in merito alla riforma improrogabile dei contratti e a nuove relazioni sindacali. Intanto la Cgil rafforza il suo coinvolgimento politico, inviando al Governo Prodi un documento di adesione alla coalizione. La Cisl considera questo atto come un nuovo strappo all autonomia sindacale e all’unità.
LA RESPONSABILITA’ DEL SINDACATO NEGLI ANNI DELLA CRISI E LA STAGIONE DEGLI ACCORDI.
Dal XV Congresso Cisl al 2006, anno in cui Raffaele Bonanni diviene il nuovo Segretario generale, si riaffermano i valori e le idee della Cisl, tuttora attuali:
rifiuto del sindacato governativo ;
necessità di una vera riforma della contrattazione;
bilateralità del mercato del lavoro e sostegno alla formazione continua; sostegno alle forti previdenze integrative e rifiuto di ogni legge sindacale.
Dal 2008 si scatena in Europa la crisi economica, finanziaria e sociale più cupa dal dopoguerra. La Cisl lavora costantemente per recuperare coesione, e responsabilità, per trovare le soluzioni più giuste e necessarie per salvare quanti più posti di lavoro.
È in questa logica che la Cisl imprime un forte slancio per arrivare alla riforma del modello contrattuale, fermo alle regole del 1993. Con l Accordo quadro sul Nuovo modello contrattuale del 22 gennaio 2009, si segna un punto importante per il rinnovamento delle relazioni industriali e partecipative in Italia, come poi dimostreranno i molti contratti collettivi rinnovati in modo positivo e, nella stragrande maggioranza, unitariamente . Il nuovo modello contrattuale ed il nuovo sistema di welfare bilaterale pongono davvero al centro le esigenze dei lavoratori e delle piccole imprese. Si realizza e si rafforzerà da questo momento una forte sinergia, una sorta di alleanza tra sindacato e imprese per arginare gli effetti drammatici della crisi economica. Insieme, si rafforza l importanza della formazione continua dei lavoratori e della bilateralità, utili, soprattutto in questa fase di crisi, al rafforzamento delle competenze e dei processi organizzativi.
Il 28 giugno 2011 Cgil, Cisl e Uil siglano con Confindustria un Accordo sulla rappresentanza che segna certamente un sostanziale passo verso un sistema di relazioni industriali più ordinato e funzionante. Si confermano l azione e la linea sindacale di questi anni. In particolare:
aspetti fondamentali sulla rappresentanza sindacale (prevista Rsu e Rsa, misurazione rappresentatività in base iscritti e rinnovi Rsu);
contrattazione aziendale (su materie delegate dal contratto nazionale, clausola di tregua sindacale, validità ed esigibilità degli accordi, possibilità di intese modificative, cd deroghe al CCNL, se concordate dai sindacati);
democrazia sindacale rappresentativa e diretta (validità accordi maggioranza Rsu/Rsa, consultazione dei sindacati, degli iscritti e dei lavoratori).
La firma definitiva alla regolazione della nuova rappresentanza avviene unitariamente Cgil, Cisl e Uil con Confindustria il 31 maggio 2013. L Accordo è l incontro e la sintesi tra culture politiche ed organizzative differenti: un equilibrio nuovo e più avanzato e un sistema di regole che semplifica e rende certa la definizione degli accordi contrattuali.
Nel frattempo, nel 2010, la Cisl compie 60anni. Un anno di celebrazioni, con un nuovo logo, la nuova Tessera Card elettronica, la nascita di Labor Tv.
Questa stagione degli accordi sostenuti fortemente dalla CISL e dal suo leader Bonanni, costituisce un passo sostanziale verso nuove relazioni industriali. Riprende quota il dialogo tra le parti, si schiudono reali possibilità di una crescita degli indici di produttività, quindi di competitività della nostra economia.
ANNAMARIA FURLAN: LA CISL, «UN GIACIMENTO D INTELLIGENZA COLLETTIVA»
Nel giugno del 2014 con la nomina a Segretario Generale aggiunto di Annamaria Furlan, la Cisl avvia una nuova stagione di rinnovamento e di ricambio della sua dirigenza. L 8 ottobre successivo, Annamaria Furlan assume la Segreteria Generale della confederazione di via Po, prima donna a ricoprire il ruolo che era stato di Giulio Pastore.
Simbolico, ma anche gravido di valore politico, il riconoscimento alla straordinaria storia della militanza femminile nei sessantaquattro anni di storia della Cisl.
Al Consiglio Generale confederale che ne proclama la nomina al vertice dell’Organizzazione, Annamaria Furlan si rivolge con un discorso che «Conquiste del lavoro» sintetizza con un titolo molto efficace: la Cisl è «un giacimento di intelligenza collettiva», cioè un inesauribile patrimonio di donne e di uomini, di storia
vissuta e di grandi idee, di valori e di azioni che solo attendono di essere riproposte e riattualizzate. Di fronte alla crisi, che si rivela più pesante in Italia che altrove, e di fronte all atteggiamento governativo, le parole del nuovo Segretario Generale richiamano le responsabilità del sindacato ad aprirsi al confronto con tutti. Cioè ad agire nella consapevolezza delle proprie responsabilità nei confronti della pluralità dei lavoratori e dei pensionati per coglierne le specifiche identità. E allo stesso tempo trovare nuove energie e risorse per farsi riconoscere e seguire da chi non ha mai apprezzato l importanza dell’azione collettiva: i giovani, i precari, i tanti mondi difficili e discriminati che caratterizzano il mercato del lavoro moderno.
Sono queste le premesse per rigenerare la rappresentanza, costruire nuovo consenso tra i lavoratori e tra la gente. Per la Cisl vale sempre la convinzione che il sindacato è un grande soggetto sociale la cui azione è indispensabile per elaborare la sintesi tra gli interessi particolari e il bene comune. Vale a dire il nucleo costitutivo di quella democrazia partecipativa che segna, sin dalla nascita, l identità della Confederazione di Pastore. Forte della convinzione che non ci sia altro modo concreto di agire per la tutela di chi ha un lavoro, di chi aspira ad averlo e di chi con il suo lavoro si è guadagnata la pensione.